STORIA

A partire dalla seconda metà degli anni ’50 del secolo scorso, in Italia è stato schierato un numero rilevante di armi nucleari americane. Sia il governo sia le Forze Armate italiane si adattarono infatti rapidamente alla nuclearizzazione della strategia atlantica dopo l’adozione della Risoluzione MC-48 nel 1954 da parte del Consiglio Atlantico. I militari italiani sembrarono fin dall’inizio interessati alla possibilità di utilizzare armi nucleari tattiche contro le eventuali colonne di forze armate nemiche che si fossero avvicinate al territorio nazionale, e l’Esercito cercò di adattare la sua dottrina tattica a queste nuove impostazioni fin dalla metà degli anni ’501. I governi dell’epoca furono altrettanto attenti a evitare che la nuclearizzazione della strategia atlantica potesse marginalizzare la posizione dell’Italia all’interno dell’Alleanza, e accettarono quindi la possibilità di schierare armi nucleari americane in territorio italiano, purchè sottoposte a un controllo congiunto. La politica seguita dai governi italiani fu perciò quella di dotare l’Italia di uno status nucleare all’interno dell’alleanza non tramite un programma militare autonomo ma collaborando attivamente alle iniziative di nuclear sharing promosse dagli Stati Uniti (con l’unica, breve eccezione di un tentativo di esplorare la produzione di testate nucleari in ambito europeo mediante la collaborazione con la Francia e la Germania tra il 1957 e il 1958).2


Il primo passo in questa direzione avvenne il 3 ottobre 1955, quando il capo della missione militare americana in Italia e il vice capo di Stato Maggiore dell’esercito italiano firmarono un accordo per la creazione della Southern European Task Force, (SETAF), una unità mista italo-americana che di lì a poco sarebbe stata basata su due battaglioni di Honest John e due di Corporal): i primi sarebbero passati in dotazione all’Esercito italiano, i secondi sarebbero rimasti in mano a reparti della US Army. Negli anni seguenti alla SETAF sarebbero stati aggiunti anche due gruppi di artiglieria dual use armati con gli obici M115 da 203/25, e successivamente i missili in dotazione ai reparti sarebbero stati sostituiti, i Corporal con i Sargeant a partire dal 1963 e gli Honest John con i Lance a partire dalla metà degli anni ’70. Oltre ai reparti italiani dotati di sistemi d’arma capaci di utilizzare testate nucleari americane, va inoltre ricordato che secondo il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti in Italia furono schierati anche reparti americani dotati di un numero imprecisato di Atomic Demolition Munitions (ADMs).


Ancora più importante fu la decisione di accettare lo schieramento in Italia di 30 IRBM Jupiter
, ciascuno armato con una testata termonucleare da 1,4 megatoni. La trattativa, avviata dal Presidente del Consiglio Fanfani e dal Presidente americano Eisenhower nel luglio del 1958, si concluse con uno scambio di note il 26 marzo del 1959. Nel 1960 l’Aeronautica italiana creò la 36^ aerobrigata di interdizione strategica e l’Italia divenne il primo paese dell’Europa continentale a schierare queste armi, con un meccanismo di controllo di doppia chiave che prevedeva per il loro eventuale impiego non solo l’assenso di entrambi i governi ma il possesso di una chiave fisica per il lancio dei missili da parte di due Launch Autenthication Officers, uno italiano e uno americano, per ciascun missile. Quasi contemporaneamente, in Italia settentrionale veniva schierata la 1^ aerobrigata di intercettori teleguidati (ABIT), armata con missili anti-aerei Nike-Ajax, successivamente sostituiti con missili Nike-Hercules. Questi ultimi, capaci di portare una testata nucleare tra i 20 e i 40 kilotoni, erano destinati all’intercettazione di formazioni aeree nemiche ma anche utilizzabili per un attacco contro un bersaglio al suolo. Gli Hercules sarebbero rimasti in Italia fino agli anni ’90, anche se le relative testate nucleari furono ritirate qualche anno prima. L’aeronautica italiana iniziò inoltre ad addestrare vari reparti di caccia-bombardieri per il ruolo di strike, e nel corso degli anni furono adibiti a questa missione stormi di F-84 G, F 104, e Tornado.

Mentre le testate dei Jupiters erano montate in permanenza sui missili, quelle destinate ad essere impiegate dagli altri reparti, sia dell’esercito sia dell’aeronautica, erano in linea di massima custodite dalle Warhead Detachment Units americane in una serie di siti (i 5 principali, Algon, Aldebaran, Pluto, River e Rigel erano tutti collocati nell’Italia nord-orientale). Da un punto di vista giuridico, l’uso di queste armi era regolato da una serie di intese tra i due governi, la più importante delle quali era sicuramente lo scambio di note concluso il 13 gennaio del 1962. L’accordo prevedeva che i costi per la costruzione dei siti sarebbero spettati all’Italia, la custodia a speciali unità americane, e la sicurezza esterna alle Forze Armate italiane. Le armi sarebbero state impiegate “in accordo con la procedura prevista dal SACEUR”, ma la decisione sarebbe stata presa solo con il consenso di entrambi i governi.

A questa lunga serie di reparti italiani destinati a impiegare armi nucleari americane vanno infine aggiunti i reparti americani destinati alla gestione dei 112 missili da crociera BGN-109 Gryphon – i cosiddetti euromissili, schierati nella base di Comiso in base alla doppia decisione del Consiglio Atlantico del dicembre 1979, giunti in Italia a partire dai primi mesi del 1984 e smantellati in seguito all’accordo INF del 1987. Ciascun cruise era armato con una testata W-84, dalla potenza variabile da 10 a 50 kilotoni, e capace di raggiungere bersagli fino a una distanza di 1.500 miglia.


Di tutte queste armi rimangono attualmente in Italia un numero imprecisato di bombe a caduta gravitazionale B-61
, stimate tra le 40 e le 50 (Check), custodite nei siti di stoccaggio americani ma destinate ad essere impiegate, in caso di conflitto, anche da quei reparti dell’aeronautica italiana dotati di aerei addestrati nel ruolo di strike.


  1. Leopoldo Nuti, “US Forces in Italy, 1945-1963”, in Simon W. Duke and Wolfgang Krieger (eds.), US Military Forces in Europe: The Early Years, (Boulder, Colorado: Westview, 1994), pp.251-272, reference at pp. 266-267. ↩︎
  2. Leopoldo Nuti, “The F-I-G Story Revisited”, in Storia delle Relazioni Internazionali, vol. 13, no. 1 (1998), pp. 69-100; ; George-Henri Soutou, ‘Les accords de 1957 et 1958: vers une communauté strategique et nucléaire entre la France, l’Allemagne et l’Italie’, in Materiaux pour l’histoire de notre temps, n. 31, (Avril-Juin 1993), and L’alliance incertaine. Les rapports politico-strategiques franco-allemands, 1954-1996 (Paris, Fayard, 1996 ↩︎